Dicembre 24, 2020 0 Comments Fratelli di Vino

Sauvignon e Friuli, un matrimonio ben riuscito

Chi mi conosce sa che, quasi per partito preso, non amo parlare di vini italiani ottenuti dai cosiddetti  “vitigni internazionali”, ossia vitigni francesi coltivati, per le loro intrinseche qualità e per il loro proverbiale adattamento ai suoli e ai climi, nel mondo intero: dall’Europa al Nord America, dal Sud America all’Africa, dall’Australia alla Nuova Zelanda. Questo è il caso del sauvignon.

Merito di una viticoltura di qualità e di una ricerca costante come quella francese, sulla quale si sono innestate le ricerche e gli sperimenti di mezzo mondo.

Domanda: allora perché non li ami ?

La risposta è altrettanto semplice: non trovo, al di fuori della Francia, sauvignon di pari prestigio e classe e, ancor di più, ritengo la produzione mondiale di sauvignon oltremodo omologa, ripetitiva, con una parziale eccezione che riguarda la Nuova Zelanda, dove alla differenza si somma una qualità, a volte, eccelsa.

Ma in verità e per fortuna c’è un’altra realtà, un territorio vitivinicolo che può parlare a buon diritto del sauvignon come di un vitigno autoctono o quasi, questo territorio è il Friuli.

Non v’è dubbio che la coltivazione del sauvignon interessa altre regioni, prima fra tutte il Trentino-Alto Adige, che, guarda caso, contende al Friuli la palma della miglior produttore di vini bianchi d’Italia, ma ritengo, e non credo di essere il solo,  la qualità e la varietà organolettica espressa dai sauvignon friulani  un unicum nel panorama nazionale e internazionale che in un certo qual modo giustifica in pieno chi asserisce essere il sauvignon un vitigno autoctono del Friuli.

Il sauvignon è la varietà a bacca bianca più diffusa nel mondo dopo lo chardonnay, il cui luogo d’origine sembra essere la Valle della Loira, fra Sancerre e Poully-sur-Loire, ma nondimeno è famoso nel mondo per i costosissimi Sauternes (vini passiti da uve botrizzate) della zona di Bordeaux, dove rientra nella base ampelografica della relativa denominazione  insieme al semillon e al muscadelle.

 L’etimologia sostiene la  derivazione del nome dal termine francese “sauvage”, ossia “selvatico”, in similitudine con i nostri lambrusco, il cui nome sembra derivare dal  latino “labruscum” che significa appunto “selvatico”.

Il sauvignon è un vitigno semi-aromatico ed è apprezzato principalmente per le sue peculiarità olfattive, dove i sentori erbacei e vegetali la fanno da padroni come la foglia di pomodoro,  l’erba falciata, le erbe aromatiche  ma anche floreali, tipo il sambuco e il biancospino, nonché frutta tropicale come l’ananas e il frutto della passione, per concludere con il “mitico” sentore di pipì di gatto che molti, con forza polemica, asseriscono essere null’altro che profumo di bosso.

In Italia la superficie coltivata è di quasi 4.000 ha, di cui circa 1.500 in Friuli e già questo numero la dice lunga sul rapporto d’amore fra questa regione e il sauvignon, difatti in questa terra è declinato in tutte le sue sfumature olfattive e, non poche volte, si presenta con una struttura gusto-olfattiva di rilievo sia dal punto di vista alcolico e glicolico che di acidi e sali minerali.

Insomma un vino che può soddisfare tutti i palati, più o meno esigenti, pur se la preferenza è decisamente puntata sul fresco e l’immediato, di modo che la tecnica maggiormente usata è l’uso dell’ acciaio.

In realtà, spesso la differenza qualitativa in Friuli la fa più che la tecnica enologica la composizione del terreno, l’esposizione, l’altimetria e la scelta di vendemmiare uve più o meno mature.

Il risultato finale è la possibilità di offrire sul mercato sauvignon assai differenti fra di loro,  per le qualità organolettiche, per la tecnica di vinificazione (acciaio o legno), per struttura che, ovviamente, si riverbera nel prezzo finale.

Ciò pone il Friuli in una posizione, a mio avviso, di “offerta dominante” nei confronti degli altri sauvignon   italiani e non, europei ed extraeuropei.

Una sorta di “supremazia” nella possibilità di presentare un’offerta assai varia sotto l’aspetto qualitativo e del prezzo che  in una situazione  del mercato del vino così difficile – causa la recessione economica mondiale innescata dalla pandemia del COVID-19 -, può rappresentare una opportunità per uscirne fuori nel più breve tempo possibile.

La degustazione  che segue,  svolta nell’arco di tre anni, prende in esame ben nove sauvignon di ben tre DOC (Friuli Colli Orientali, Friuli Isonzo e Collio),  in ordine alfabetico in riferimento all’azienda vinicola.

F.C.O. Sauvignon Zitelle Barchetta 2017 – alc. 14,5% – MEROI (convenzionale)

Paglierino carico. Bouquet di fiori estivi (camomilla, ginestra), frutta tropicale (ananas), vaniglia, crema pasticcera. Morbido con un equilibrio quasi perfetto alla gustativa. Acciaio e barrique per 10 mesi. Ottimo.  Voto: 89

F.I. Sauvignon Corvatis 2017 – alc. 13,5% – MURVA  (biologica)

 Paglierino. In bella evidenza le erbe aromatiche (maggiorana, salvia) e fiori di zagara, pompelmo e pesca bianca. Gustoso ed equilibrato. Molto persistente. Solo acciaio. Ottimo/eccellente. Voto: 90

F.C.O. Sauvignon 2018 – alc. 14% – PETRUSSA (convenzionale)

Paglierino. Olfattiva densa di agrumi (pompelmo) e spezie “delicate” (pepe bianco, zenzero) con lievi sentori di frutta tropicale (banana). Gustosa sapidità in evidenza. Equilibrio quasi perfetto. Otto mesi in acciaio sui lieviti. Ottimo. Voto: 89

F.C.O. Sauvignon Duality 2016 – alc. 14% – SPECOGNA (biologica)

Paglierino tendente al dorato. Caratteristici profumi di erbe aromatiche (timo, maggiorana) ed erbacei (bosso), frutta tropicale (ananas). Grande struttura ove l’acidità e la sapidità la fanno da padroni. In evoluzione. Ottimo/Eccellente. Voto: 90

Collio Sauvignon Ronco delle Mele 2017 – alc. 13,5% – VENICA & VENICA (biodinamica)

Paglierino quasi dorato. Ormai un grande classico fra i sauvignon friulani. Emergono  sentori di erbe aromatiche (origano, mentuccia), erbacei (erba falciata, bosso) e frutta tropicale (banana). L’80%  in acciaio e il restante 20% matura in rovere di Slavonia. Eccellente. Voto: 91

F.I. Sauvignon Piere 2016 – alc. 14,5% – VIE DI ROMANS (ecosostenibile)

Paglierino lucente. Olfattiva imponente: intenso e ampio. Tutte le famiglie odorose in bella evidenza. Frutta tropicale (frutto della passione) ed erbe aromatiche (maggiorana, timo), lieve ed elegante scia speziata (zenzero) e balsamica (pino marittimo) ed altro ancora. Struttura di gran livello, dove la morbidezza e la sapidità sono in perfetto equilibrio. Persistenza infinita. Eccellente. Voto: 93

Collio Sauvignon 2018 – alc. 13% – VIGNA DEL LAURO (biologica)

Paglierino didascalico. Emergono in primis le classiche erbe aromatiche (mentuccia) e fiori bianchi di campo (biancospino, sambuco), un lieve sentore di pepe bianco e frutta tropicale in sottofondo. Equilibrato. Intenso e persistente. Cinque mesi in acciaio sui lieviti.  Ottimo. Voto: 90

Collio Sauvignon De La Tour 2018 – alc. 14,5% – VILLA RUSSIZ (biologica)

Paglierino quasi dorato. Siamo di fronte ad un altro grande sauvignon, molto apprezzato dai più. Olfattiva intensa  ed ampia dove emerge il floreale, semplice quanto intrigante, dei fiori primaverili (tiglio, biancospino) e le immancabili erbe aromatiche (timo, maggiorana), un’intensa pesca bianca e mela fuij a contorno. Gustativa strepitosa per imponenza e qualità, tutto in perfetto equilibrio. Nove mesi in acciaio sui lieviti. Eccellente. Voto: 93

F.C.O. Sauvignon Zuc di Volpe 2017 – alc. 13% – VOLPE PASINI (convenzionale)

Paglierino lucente, bellissimo. Bouquet  di profumi di rara eleganza con erbe aromatiche e fiori di campo in grande evidenza, classica foglia di pomodoro e frutta bianca e gialla (pesca, nespola, melone) a degno contorno. La gustativa conferma l’eleganza dell’olfattiva dove l’acidità e la sapidità tipiche hanno un contro-altare adeguato nella morbidezza. Finale lunghissimo con ritorni fruttati. Eccellente. Voto: 92

Quanto sopra detto e le votazioni date, al di là della soggettività ineliminabile, mostrano oltre ogni ragionevole dubbio la grande qualità dei sauvignon friulani, addirittura quasi imbarazzante. Tanto da farmi rimarcare ulteriormente la posizione di  “prima della classe”  di questa piccola grande regione del vino: il Friuli.

Fratelli, alla salute !


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