Maggio 28, 2020 1 Comment Fratelli di Vino

Cerasuolo di Vittoria, il vino-ciliegia

La storia di questo vino, come tante storie che riguardano la Sicilia, è un insieme di leggenda, mito e realtà. Difficile capire dove inizia l’uno e finisce l’altro e forse proprio per questo tutto ciò che riguarda quest’isola, benedetta e maledetta, ha un fascino unico, irripetibile.

E’ assodata  l’origine prettamente greca della vitivinicoltura sicula,  è “nata”  nella Sicilia sud-orientale, intorno alla città di Siracusa, la prima e più importante colonia greca. Da lì è iniziata la diffusione della vitis vinifera e la fama dei vini siciliani in tutto il Mediterraneo.

Ne sono una prova tangibile il ritrovamento,  durante gli scavi di Pompei, di anfore vinarie che riportano il nome del  quel luogo, ossia Mesopotamio. Infatti,  la  fascia di territorio compreso tra i fiumi Dirillo e Ippari – in scala una sorta di  Tigri ed Eufrate  per la ricchezza e la fertilità dei suoli -,     fu chiamata dai Romani, non a caso,    Plaga Mesopotanium.

Ora, è bene dirlo e sottolinearlo, quel territorio, quella sorta di “Mesopotamia Sicula”, corrisponde sostanzialmente all’attuale zona di produzione del Cerasuolo di Vittoria: leggenda, mito e realtà…appunto.

Il Cerasuolo di Vittoria, che in realtà non è un cerasuolo ovvero un rosato come ad esempio il Cerasuolo d’Abruzzo, deve il suo nome ad un particolare rosso tipico delle ciliegie del luogo e al suo profumo intensamente fruttato, in primis di ciliegia.

Questo vino –  la prima ed unica DOCG siciliana, seconda in ordine di tempo su tre (Vermentino di Gallura e Aglianico del Vulture Superiore) che interessano il meridione d’Italia -,  è il  “risultato” di due vitigni: il nero d’Avola (50%-70%)e  il frappato (30%-50%).

Sul nero d’Avola, il più importante e identitario vitigno a bacca nera siciliano,  le notizie storico-ampelografiche non mostrano contorni precisi. Nell’Ottocento il vitigno era conosciuto e designato con un nome differente: uva calabrese, fra l’altro   il termine con cui è stato iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà della Vite nel 1970. Certamente la sua presenza e diffusione  in Sicilia è datata da secoli, ma solo nel XIX secolo il vitigno calabrese venne associato per la prima volta al paese di Avola (Siracusa), ma  la parola nero dovrà aspettare ancora del tempo prima che  venisse apposta come un “prefisso”.

Il mistero è presto svelato: il termine calabrese non sarebbe altro che una italianizzazione del termine dialettale calavrisi, cioè “uva di Avola”, luogo da cui è assai probabile si sia poi diffuso in tutta l’isola, eccezion fatta per le pendici dell’Etna, regno incontrastato del nerello.

 E’ stato esportato come uva “da taglio” in Francia e in Nord d’Italia sino agli anni ’80 del secolo passato.  Riscoperto dagli anni ’90 da alcune delle più famose aziende vinicole isolane, è divenuto in poco tempo il vino siciliano più amato e  apprezzato dentro e fuori l’isola.

Il frappato è coltivato e conosciuto nei territori vicino Vittoria, nel ragusano, sin dal XVII secolo, fra l’altro ivi, ed anche nel siracusano, è conosciuto  con il termine di nero capitano. All’opposto del nero d’Avola, il frappato è rimasto sempre nello stesso territorio, ossia il ragusano, con qualche raro sconfinamento nelle province limitrofe di Siracusa e Caltanissetta. Da sempre ha rappresentato in uvaggio la “spalla”  ideale   del più  scorbutico nero d’Avola, al quale apporta oltre il colore, rosso ciliegia, struttura, alcol ed un peculiare e pregnante sentore fruttato (da cui deriva probabilmente il termine frappato) e speziato.

Da questa felice unione nasce il Cerasuolo di Vittoria, dove potenza e finezza, eleganza e struttura, trovano un equilibrio perfetto. Sfortuna vuole che se ne produca poco e che ancora, tranne per gli appassionati, sia poco conosciuto fuori dall’isola. Tuttavia negli ultimi anni il continuo progredire della qualità, grazie a giovani e coraggiosi viticoltori e, comunque, al supporto di alcune grandi e famose aziende, la fama è in aumento e con maggiore frequenza sulle tavole si vedono e si bevono bottiglie di Cerasuolo di Vittoria.

La degustazione che segue è frutto di alcuni anni e prende in esame solo 6 aziende.  Chiaramente non è esaustiva circa la qualità complessiva di questo vino e del panorama delle aziende che lo producono, spero, tuttavia, possa interessare e incuriosire i lettori del mio blog.

La degustazione  segue l’ordine alfabetico delle aziende.

Cerasuolo di Vittoria Forfice 2014, gr… 13,5%., az. PAOLO CALI’ (biologica)

Rosso rubino profondo con bordo granato, all’olfatto è un pot-pourri di frutta rossa, ciliegia, prugna e fragola con rosa appassita a contorno. In seguito sul palcoscenico entrano le spezie, pepe e cannella, e una lievissima quanto elegante nota tostata. Morbidezza adeguata, acidi e tannini in perfetto equilibrio. Molto persistente.Tre anni in botti di rovere di Slavonia. Una sola parola: eccellente. Voto: 91

Cerasuolo di Vittoria Delle Fontane 2012, gr. 13, az. COS- (biologica)

E’ stato cinque anni or sono il mio primo incontro con il Cerasuolo di Vittoria e da allora ho cominciato ad apprezzare questo vino. Dotato di un bel rosso rubino tendente al granato, si presenta con le  “solite” e gradite note fruttate che sono la firma di questo vino fra le quali emergono  marasca, lampone e fragolina di bosco, segue un’affascinante rosa appassita contornata da pepe nero e noce moscata, chiude con note balsamiche. Al gusto è saporito, persistente ma non invadente, con buon equilibrio fra le parti. Finale lungo. Fra l’ottimo e l’eccellente. Voto: 89

Cerasuolo di Vittoria Classico 2017, gr. 14%, az. GULFI  (biologica) –

Rubino cupo bellissimo, emergono con prepotenza i frutti di bosco, mora e mirtillo in primis, poi rosa e viola, e una gradevole, elegante nota speziata a fare da cornice, sul finale un lieve sbuffo di caffè. Al gusto mostra il meglio: struttura, potenza alcolica, tannini importanti, sapidità e freschezza in giusta proporzione. Al limite dell’eccellenza. Voto: 89

Cerasuolo di Vittoria Classico Don Vicè 2014, gr. 13,5%, az. GURRIERI  (biologica)

Rosso rubino didascalico. Frutta a iosa, fragola, susina, ribes, fanno da contorno le spezie, cannella e pepe, emergono sul finale intriganti note erbacee, aromatiche e balsamiche. Alla gustativa mostra che l’equilibrio deve ancora essere raggiunto fra le componenti dure (tannini) e quelle morbide (polialcoli) ma stiamo sulla buona strada. Piacevole sapidità in chiusura. Ottimo. Voto: 87

Cerasuolo di Vittoria  Para Para 2014, gr. 14%, az. POGGIO DI BORTOLONE-(convenzionale)

Rosso rubino tendente al granato. Solita e piacevole sinfonia fruttata all’inizio, con ciliegia e mora di rovo in prima fila, seguono fiori appassiti e una nota gradevole di tostatura (orzo, cacao) a contorno. Alla gustativa mostra una bella struttura  ma ancora alla ricerca del giusto equilibrio. Ottimo. Voto: 88

Cerasuolo di Vittoria Classico Iri da Iri 2013, gr. 13,5%, az. VALLE DELL’ACATE (biologica)- 

 Splendido rubino, lucente e impenetrabile. Ouverture di frutta (ciliegia, fragola, mora) e spezie dolci (vaniglia). Proseguono note balsamiche, tostate e sottobosco, di grande eleganza. Grande potenza e persistenza alla gustativa che fa presagire un futuro migliore. Eccellente. Voto: 91

Indubbiamente un bel bere…

Fratelli e sorelle di vino, alla salute !


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