La storia

INIZIAZIONE, PROFEZIA E MONTEPULCIANO D’ABRUZZO

 

Non si arriva mai tanto lontano come quando non si sa più dove si va.

J.W. Goethe

 A.D. 1965: ricordi in bianco e nero. Bambino di 10 anni, trascorrevo le vacanze estive in uno sperduto paesino dell’Appennino abruzzese.

Due mesi, ogni anno, di assoluta libertà e felicità: né orari né tempo tantomeno  regole, con la natura a farla da padrona come, nella sua millenaria storia, è (quasi) sempre stato in Abruzzo.

Sole, acqua, vento, un pot-pourri di odori e afrori animaleschi, sensuali, vitali. Un’apnea voluttuosa in ciò che di più intimo e vero c’è nella vita.

In questo paradiso dei sensi, fisici e spirituali,  ero accompagnato da un Virgilio assai particolare: uno zio contadino, vecchio, una volta si era vecchi già a 50 anni, tanto povero quanto orgoglioso, umbratile e generoso, umile e borioso, mani abilissime e sapienza antica.

Non sembrava neppure un uomo, sorgeva direttamente dalla terra avendo la pelle dello stesso colore e aridezza. Guardavo estasiato e in religioso ossequio ogni cosa facesse e dicesse. Tutto era così magico e, all’un tempo, reale: la ragione e l’istinto convivevano, anzi erano indistinguibili.

Illusione determinata dalla nostalgia del tipo  ”albero degli zoccoli” ?  Oppure la verità di un tempo “delle lucciole” ?

Non lo so e, penso, non lo sapremo mai, ma preferisco la seconda opzione, forse perché amo Pasolini, sicuramente perché allora avvenne l’incontro  con il vino.

Non scandalizzatevi,  cominciai a bere a 10 anni , ovviamente molto poco  ma quel tanto da far nascere un amore indissolubile.

Una mattina di luglio lo zio mi portò in cantina, la “mia chiesa” come amava definirla, e mi disse: “ Sei ormai un ometto, di corporatura robusta, più grande di quelli della tua età, è giunta l’ora che tu provi a bere un goccetto di vino”.

Lo guardai con occhi sgranati e increduli ma non mi opposi (e feci bene !).

Mise un po’ di vino dentro un bicchiere piccolo e sfaccettato come un prisma, imparai allora che quello era il “bicchiere da vino” dei contadini e me lo porse. Fui colpito favorevolmente dal suo odore, intenso e conturbante ma il primo timido  sorso mi lasciò senza fiato. Non capii se mi piacesse o meno, ma fui subito persuaso che  dovevo bere un altro sorso. E lì accadde il miracolo: “zio – dissi – è buonissimo”.

“Certo – rispose – è il sangue di Dio”. Strabuzzai gli occhi ma ancor prima di riuscire a dire una parola, lo zio prese un libretto, vecchio e sdrucito, poggiato su una mensola, era il Vangelo e mi lesse il versetto, famosissimo, dell’ Ultima Cena: “…poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.

Sollevò lo sguardo dal Vangelo e disse: “Ora capisci perché il vino è buono….può essere cattivo il sangue di Cristo ?  Per questo motivo non fidarti di chi non beve vino, ha qualcosa da nascondere o è pronto a tradirti”.

E poi continuò: “Bevi il vino, cerca di bere sempre vino buono e genuino, bevi soprattutto il Montepulciano d’Abruzzo, vino straordinario, qualunque cosa dicano o pensino i toscani, i piemontesi o i veneti un giorno la qualità del Montepulciano sarà da tutti riconosciuta”.

Da allora sono passati quasi 50 anni, mio zio è morto da oltre 30, la sua “profezia” si è avverata, il Montepulciano è ormai uno dei più grandi vini d’Italia, apprezzato anche all’estero, specie negli USA, e questo grazie a produttori di qualità e grande carattere come Masciarelli, Valentini, Cataldi Madonna, Emidio Pepe, Illuminati e tanti altri ancora.

In realtà, insieme al Montepulciano è cresciuta notevolmente la cultura enogastronomica  e del vino in particolare, tanto da poter dire che l’Italia del vino può guardare negli occhi, alla (quasi) pari, gli eterni rivali francesi.

I Barolo, gli Amarone, i Brunello, i bianchi del Friuli, i passiti siciliani ed altro ancora sono ormai stars del firmamento enologico mondiale, ricercati ed apprezzati ovunque, ciò nonostante c’è da migliorare ulteriormente la qualità complessiva dell’offerta enoica e, ancor di più,  incrementare la consapevolezza  che  la cultura generale del vino è parte integrante dello sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese, ma questa sacrosanta verità non riesce, ahimè, – nonostante il comparto vino rappresenti una delle prime voci della nostra bilancia commerciale – ad acquisire l’ evidenza che merita  in un periodo di crisi sistemica del mondo e dell’Italia in particolare. Speramus.

Alla salute, fratelli.

 

 

 

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