Carmignano, il toscano “diverso”

Fra i grandi vini rossi della Toscana, sia DOC o DOCG, sia figli di Sua Maestà il Sangiovese sia Supertuscan, un posto del tutto particolare spetta al Carmignano.

La prima volta che ho bevuto questo vino, circa venti anni fa, rimasi completamente stupito, non dalla sua indubbia qualità, ma dalla sua “diversità”, “non omologabilità” con il pur vasto panorama vinicolo della regione Toscana.

TENUTA DI CAPEZZANA

Non v’è dubbio che tale particolarità dipende in buona parte dai terreni collinari di Montalbano e Capezzana, da un’antica tradizione vitivinicola che si può far risalire agli Etruschi e ai Romani, come dimostrano vari ritrovamenti nei siti archeologici di queste zone che confermano la “propensione”  alla vitivicoltura di queste colline, poste a quote relativamente modeste, fra i 200 e i 300 m.s.m.,  con una più che favorevole esposizione solare. Questi terreni, inoltre, di natura per lo più calcareo-argillosa, possiedono proprietà in grado di giovare ad uno sviluppo sano ed equilibrato della vite: un buon drenaggio, una piovosità circoscritta ai mesi di raccolta delle uve (settembre-ottobre) che permette di resistere a prolungati periodi di siccità. Aggiungiamo la vicinanza dell’Appennino che con i suoi venti freschi  stempera la calura estiva, determinando in tal modo un’ottima escursione termica fra il giorno e la notte, in grado di influenzare non poco le caratteristiche aromatiche del Carmignano. Non è pellegrino parlare di un “particolare microclima ” che, insieme alla composizione e qualità dei terreni, ha reso possibile la “specificità” del Carmignano nei confronti degli altri vini toscani, in primis il Chianti.

VIGNA DI CARMIGNANO

 Come abbiamo dianzi detto non abbiamo dubbi sull’influenza del clima, del territorio e dell’”antica storia” sulla “particolarità” del Carmignano nei confronti di altri vini della Toscana, nondimeno questi aspetti si possono riscontrare in molti vini,  specie se di grande qualità, per cui credo che l’ origine di questa “diversità” sia da ricercare nei vitigni, anzi in un vitigno in particolare  che compone l’uvaggio del Carmignano: il cabernet, quella che in loco da tempo immemore viene definita uva francesca, termine deformato dal dialetto dei viticoltori per indicare “uva francese”. Da quanto tempo il cabernet è coltivato in queste colline ? Nessun dato storico sembra inconfutabile, chi afferma sia stato introdotto e trapiantato al tempo di Caterina de’ Medici, chi  fa risalire la data molto più indietro, addirittura all’XI sec. Non chiedetemi il perché ma intuitivamente propendo per quest’ultima ipotesi.

UVA CABERNET

Infatti, già nel XIII  secolo, il giudizio sulle qualità organolettiche del Carmignano era di pura e semplice “eccellenza”, tanto da essere pagato due-tre volte il prezzo corrente dei vini ritenuti all’epoca più prestigiosi. Francesco Redi, poeta alla corte dei Medici, pur apprezzando i vini francesi  e il Chianti, riteneva il Carmignano nettamente superiore agli stessi, tanto da poter dire:  “…Se giara io prendo in mano di brillante Carmignano così grato in sen mi piove che d’ambrosia e nettar non invidio a Giove.”

La nomea del Carmignano è stata sin da allora così elevata che, nel 1716, il Granduca Cosimo III de’ Medici emise un “bando” in cui venivano stabilite regole, rigide e ben circoscritte, concernenti sia  la coltivazione e la vendemmia sia la “delimitazione” della zona di produzione (insieme al Chianti, il Pomino e il Valdarno di Sopra). In buona sostanza, il “bando” è stato il primo disciplinare di produzione della storia, tanto da anticipare di un secolo la prima AOC dei cugini francesi.

EDITTO DI COSIMO

Dai tempi del  “bando” di Cosimo III tanta acqua è passata sotto i ponti e il Carmignano ha superato eventi negativi, come quando nel 1932 la sua zona  fu inglobata nella  DOC Chianti, e conosciuto vicende estremamente positive, come il riconoscimento della DOC nel 1975 e, ancor di più, quello della DOCG nel 1990.

La zona di produzione, tuttavia o per fortuna, è rimasta sempre la stessa: poco più di 100 ettari, fra i Comuni di Carmignano e Poggio a Caiano,  e nonostante la domanda sia in continua crescita, le piccole dimensioni del territorio  e le rigide norme, che ne regolano  e ne limitano la produzione, garantiscono una sicura qualità di base del vino.

Se si può affermare che il Carmignano è stato il primo Supertuscan della storia, vista la presenza del cabernet nel suo uvaggio, tuttavia questa asserzione, in un certo qual modo, è sviante e non veritiera. Ciò non solo per una presenza, secondo il disciplinare della DOCG, “discreta” del cabernet  (non può superare il 20%) ma anche perché il Carmignano sembra aver assorbito e trasformato alcune espressioni aggressive (il sentore di erbaceo, ad esempio) del cabernet , insomma è riuscito uno sposalizio perfetto con il sangiovese come, a mio avviso, non è accaduto con altri vini, pur grandissimi, in cui sia il sangiovese sia  il cabernet hanno mantenuto ognuno le proprie specificità: tutta qui la  “diversità”del Carmignano, che non è però cosa da poco.

Veniamo ora alla degustazione. Ho preso in esame 4 Carmignano, tutti ottimi.

Carmignano Elzana Riserva 2009 di AMBRA, proprietà Ludovica Romei Rigoli, gr. 14%, uvaggio: sangiovese 90%-cabernet 10%. Un gran bel rubino, di grande struttura, profumi eleganti di frutta rossa matura, rosa e viola, speziato: pepe e noce moscata, lievemente tostato, persistente e intenso in bocca. Ottimo.

VINO AMBRA

Carmignano Riserva 2009 di PIAGGIA, proprietà Silvia Vannucci, gr. 14%, uvaggio: sangiovese 70%-cabernet 20%-merlot 10%. Rubino cupo, naso contraddistinto da frutti di bosco in confettura, viola appassita, china, finale speziato. Struttura notevole, intenso e persistente in bocca. Ottimo.

VINO PIAGGIA

Carmignano Il Circo Rosso Riserva 2009 di PRATESI, proprietà famiglia Pratesi, uvaggio: sangiovese 70%-cabernet 20%-merlot 10%. Rubino didascalico. Frutta rossa in confettura, fiori appassiti, foxi, ginepro. Di buona struttura, equilibrato, intenso, mediamente persistente. Fra il buono e l’ottimo.

VINO PRATESI

Carmignano Trefiano Riserva 2008  di CAPEZZANA, proprietà famiglia Contini Bonacossi, gr. 14%, uvaggio: sangiovese 80%-cabernet 10%-canaiolo 10%. Pur nella brevità di un blog, due parole non possono non essere dette a favore di questa famiglia, soprattutto nei confronti del Conte Ugo Contini Bonacossi, venuto  a mancare due anni fa. Grande uomo di vino e non solo, al quale si deve la DOC, la DOCG e la fama crescente del Carmignano. Sono questi tipi di uomini che fanno la fortuna di un Paese e la loro mancanza una autentica disgrazia. Non l’ho conosciuto, ma basta leggere le testimonianza di chi ha avuto questa fortuna, per lo più grandi uomini anch’essi, per capirne le “dimensioni”. Veniamo a noi e al vino. Rubino tendente al granato. Profumi intensi di confettura di frutta rossa, fiori appassiti, foxi, china, chiodi di garofano, pepe e ginepro. Vino di notevole struttura ma equilibrato fra le sue parti. Tannini (quasi) perfetti. Intenso e persistente. Fra l’ottimo e l’eccellente.

VINO CAPEZZANA

Che dire, questo vino vale un viaggio per la bellezza tipicamente toscana dei luoghi e….. per assaporarne la “diversità”. In una vecchia   macchietta francese, un po’ osé, c’era  una bambina che guardava dentro i pantaloni di un bambino, ed esclamava: vive la difference !

Sono  d’accordo………Alla salute, fratelli.

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