Novembre 19, 2018 0 Comments Fratelli di Vino

Fiano di Avellino, grande vino del Sud

“Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro e un buon amico”

(Moliere)

La storia del fiano si perde nella notte dei tempi. Assai probabile se non addirittura certa appare la sua origine greca, fu  “introdotto”  dai primi coloni  approdati sulle sponde della odierna Campania, l’amata Campania felix degli antichi romani.

Plinio il Vecchio e Columella identificavano il fiano con la mitica uva apiana, così chiamata perché talmente dolce che le api ne andavano ghiotte. In seguito, in realtà, si è verificato che l’uva apiana altro non era che il moscato.

Altri ancora fanno derivare il nome dal paese irpino di Lapio, una volta Apia da cui uva apiana e in seguito con il passar del tempo in fiana e fiano.

Come vedete le ipotesi come spesso accade nella storia dei vitigni sono molte, alcune suggestive ed altre, forse,  dotate di maggiore concretezza.

In realtà a noi interessano  più le caratteristiche organolettiche che la sua storia ed  in egual misura il rapporto fra il vitigno e il territorio che lo “ospita” ovvero l’Irpinia.

L’Irpinia ha subito diverse dominazioni: in primis i Romani – contro cui combatterono nelle famose guerre sannitiche-,  poi i Bizantini, i Longobardi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini e gli Spagnoli e tutti, oltre all’influenza culturale, hanno lasciato tracce del loro  “passaggio” sotto forma di castelli, abbazie, monasteri.

Meraviglie dell’architettura e dell’arte medioevale  ancora oggi vive e presenti nel tessuto urbano dei luoghi in cui sono stati edificate.

L’Irpinia ha molte similitudini con altri territori italiani a vocazione vitivinicola: è parte integrante di una regione che la comprende ed insieme si differenzia dalla stessa sia da un punto di vista storico-culturale e sociale che da un punto di vista pedoclimatico.

Questi territori sono definiti con il termine apparentemente ambiguo di terre di mezzo.

Fra queste terre di mezzo hanno una certa nomea l’Oltrepò Pavese, rispetto alla Lombardia e in un certo modo lo stesso Friuli rispetto alle nazioni (Slovenia, Austria, Ungheria) e alle regioni italiane confinanti (Trentino-Alto Adige e Veneto).

Ciò che le caratterizza è non solo una forte e storica vocazione vitivinicola di qualità ma particolarità pedoclimatiche e ampelografiche.

Guarda caso proprio l’Irpinia, confinante con altre zone della Campania come il Sannio, Penisola Sorrentina e Cilento  nonché Puglia e Basilicata, è stata sino a pochi anni fa “sede” delle tre ed uniche DOCG campane, ovvero Taurasi, Greco di Tufo ed appunto Fiano di Avellino, distinguendosi con tali riconoscimenti dalle altre zone vitivinicole campane, peraltro loro stesse sedi di perle enologiche.

Il territorio di produzione della DOCG Fiano di Avellino si trova a Nord della città di Avellino e si estende sino al confine della provincia di Benevento con una superficie di circa 300 kmq. Il terreno è in gran parte ricco di argilla ma con presenza non marginale di sabbia e limo nonché, nella fascia centrale dell’areale, materiale detritico di origine alluvionale e piroclastico.

I terreni hanno, fra l’altro, una elevata dotazione di potassio e magnesio in grado di conferire ai vini profumi, struttura ed equilibrio.

Il clima è una via di mezzo (ovvio è una terra di mezzo !) fra il continentale e il mediterraneo. Inverni freddi ma non rigidi, molto sole in estate, piogge abbondanti nel periodo autunnale, venti umidi e tiepidi dal quadrante occidentale, inoltre è protetta “orograficamente”  dai venti freddi orientali e la presenza di forti escursioni termiche giornaliere nel periodo della vendemmia garantisce  ricchezza e finezza di profumi.

Al di là della stretta terminologia tecnico-geologica questo ci parla  della varietà dei suoli e del clima e della sua ricchezza intrinseca, insomma un territorio ad alta vocazione agricola  e vitivinicola in particolare.

Montagne, colline, boschi fittissimi, valli, fiumi, torrenti, cascate sono da cornice a campagne coltivate con estrema cura e passione.

Per quanto concerne il fattore umano e socio-politico una bibliografia piuttosto consistente testimonia la centralità della presenza produttiva della coltivazione della vite sin dal medioevo,  come principale sostegno economico delle genti rurali.

Tant’è che nel 1879 il ministro De Sanctis istituì ad Avellino la prima scuola italiana di viticoltura ed enologia, artefice primaria dell’ulteriore sviluppo e diffusione della coltivazione della vite  e del fiano in particolare.

Nel secondo dopoguerra cause molteplici (malattie della vite, emigrazione)  ridussero quasi all’estinzione la coltivazione del fiano. La grande ripresa è iniziata negli anni ’80 del secolo passato ed ora l’areale supera i 700 ha vitati, ma soprattutto ha acquisito fama nazionale ed internazionale grazie al lavoro di lungimiranti produttori.

Arriviamo ora alla degustazione del Fiano di Avellino – ben 7 bottiglie di altrettanti produttori, famosi e meno -,  avvenuta in un arco di tempo di oltre 3 anni.

 

 

Fiano di Avellino 2016, gr. 13%, Az. COLLI DI LAPIO, convenzionale. Giallo dorato, bouquet di fiori bianchi, intensamente minerale, lievemente speziato (pepe bianco), fresco e sapido. Giustamente beverino. Voto: 87

 

 

Fiano di Avellino More Maiorum 2013, gr. 13%, Az. MASTROBERARDINO, convenzionale. Non è facile valutare con la giusta obiettività i vini dell’Azienda che, in buona sostanza, ha  “creato” la fama dei vini dell’Irpinia ponendoli  all’attenzione del mondo enoico, ma non è stato difficile vista la qualità   dimostrata. Giallo dorato tendente al topazio. Olfazione bellissima: camomilla, acacia, ginestra ed altro ancora frammista alla solita carica minerale, sapido quasi salmastro, caldo e morbido, persistente. Acciaio e barrique. Sfiora l’eccellenza. Voto: 89

Fiano di Avellino Exultet 2014, gr. 13,5% , Az. QUINTODECIMO, biologica. Giallo dorato. Intensamente fruttato (polpa bianca) e floreale (fiori di campo). Caldo, morbido e sapido come si conviene. Lunga e piacevole persistenza. Quasi perfetto. Voto: 90

 

Fiano di Avellino Sarno 1860 2016, gr. 13%, Az. TENUTA SARNO 1860, biologica. Giallo paglierino intenso. Floreale sugli allori, erbaceo (alga marina), frutta gialla matura, zenzero. Vino di rara eleganza che raggiunge alla gustativa l’apice, in perfetta armonia con l’olfattiva. Tutto al posto giusto. Eccellente. Voto: 91

 

Fiano di Avellino 2014, gr. 13,5%, Az. TENUTA SCUOTTO, convenzionale. Giallo dorato. Olfazione intrigante dove ad un sentore fortemente agrumato fa da contro-altare un lieve profumo mielato. Caldo, morbido e sapido come da programma. Vino molto piacevole alla beva. Ottimo. Voto: 88.

 

 

Fiano di Avellino Campore 2013, gr. 13%, Az. TERREDORA, convenzionale. Giallo dorato intenso. Olfazione ricchissima: fruttato (agrumi), floreale (ginestra), minerale, speziato (pepe bianco), erbe aromatiche (cardamomo). La gustativa altrettanto ricca, equilibrata ed in armonia con il resto. Molto persistente. Eccellente. Voto: 92

 

 

Fiano di Avellino Serrapiano 2015, gr. 13%, Az. TORRICINO, convenzionale. Giallo paglierino tendete al dorato. Intensamente floreale (acacia, ginestra, tiglio), frutta secca, erbe aromatiche (timo) e il solito sottofondo minerale. Gustativa in (quasi) perfetto equilibrio. Persistente. Solo acciaio. Ottimo: 88


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