Settembre 22, 2015 0 Comments Fratelli di Vino

THE MOONWINE

“Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto”

(W. Shakespeare)

“Sognatore è chi trova la sua via alla luce della luna……punito  perché vede l’alba prima degli altri”

(O. Wilde)

“Che fai luna, in ciel ? Dimmi, che fai, silenziosa luna”

(G. Leopardi)

 

Non più di vent’anni fa esprimere il proprio amore per i vini dolci non era visto di buon occhio, a meno che non si appartenesse alla quella stretta elites di amanti del vino che potevano permettersi di poter bere i mitici Sauternes. Chissà, forse la brutta nomea sostanzialmente meritata di alcuni vini dolci italiani (si pensi al  Marsala di allora, tanto per intenderci), o perché i gusti del pubblico andavano da tutt’altra parte, fatto sta che parlarne e soprattutto scriverne non era né facile né scontato.

La situazione odierna, peraltro, vede un quasi totale ribaltamento dei gusti a cui, neanche a dirlo,  si è prontamente allineata la critica enologica, di conseguenza non c’è regione o territorio di particolare interesse vitivinicolo che non produca o intenda produrre vini dolci, ad imitazione di quanto accaduto e accade sul mercato delle “bollicine” dove ogni anno si cimentano nuovi adepti, tanti  a tal punto che quest’anno la produzione mondiale vedrà superare la mitica cifra di 1 miliardo di bottiglie, con Francia e Italia che, al solito, si contenderanno la leadership produttiva e qualitativa.

Ora, come spesso accade, l’aumento della produzione non coincide  con l’aumento della qualità, nella realtà è vero il contrario; infatti, specie nella produzione delle “bollicine” si sono raggiunti risultati “qualitativi” che sfiorano l’indecenza, e ahimè non da meno  alcuni produttori di vini dolci.

Fortunatamente, una consistente quota di vigneron  ha intrapreso la via maestra della qualità, si pensi ai grandi passiti siciliani e ai grandi Marsala  (si veda il mio articolo Douce Sicile) o, per esempio, ad un grande vino dolce a bacca rossa, il Sagrantino passito, ciò nonostante in questi ultimi anni la “mia” graduatoria  dei migliori vini dolci è stata messa in discussione da un  eiswein ( vin de glace o ice-wine che dir si voglia);  immagino che la fantasia di molti andrà subito verso un vino pregiato  di questa tipologia, prodotto in Germania o in Austria dove si dice siano nati, e invece no.

Certamente sono buonissimi i vari eiswein a base di riesling, perlomeno quei pochi che ho avuto modo di assaggiare, così come altri amici mi dicono degli ice-wine ( e non ne dubito)  prodotti in Canada, nell’Ontario, a base di uva vidal, ma il vino di cui intendo parlare, udite udite, viene prodotto in Italia.

E’ un vino conosciuto ?  Non credo molto, non fosse altro per le poche migliaia di bottiglie prodotte che lo rendono di difficile reperibilità.

A dire il vero ne venni a conoscenza in modo casuale leggendo un articolo su di una rivista non specializzata (di cui non ricordo l’autore)  che mi incuriosì molto, tanto che ne parlai ad un mio caro amico, neofita del buon bere e soprattutto grande sciatore, il quale grazie alla sua passione per  lo sci quell’anno, credo il 2008, trascorreva le vacanze invernali in Val D’Aosta, vicino il Monte Bianco.

MONTE BIANCO

Si dà il caso che questo vino è prodotto proprio in quella zona, la Valdigne per la precisione,  e da un produttore o per meglio dire da una cooperativa di produttori, questa si piuttosto famosa,  la Cave du Vin Blanc de Morgex et de la Salle, un autentico fiore all’occhiello della vitivinicoltura della Valle D’Aosta, la cui produzione  è tutta incentrata  sul vitigno autoctono per eccellenza della stessa vallata: il priè blanc.

vigna 1

Che bella cosa l’amicizia !  Massimo, questo è il suo nome, capì perfettamente quale fosse il mio desiderio  e al suo ritorno a Roma me ne portò una bottiglia in regalo: lo Chaudelune- vin de glace.

chaudelune

Fui subito colpito dalla bellissima etichetta e dall’elegante forma della bottiglia: una mezza luna su sfondo nero con dentro la fisionomia di una montagna e la foglia di una vite;  la forma della bottiglia, invece, richiama molto il gotico e il senso verticale della montagna, ricordiamoci che il vino è prodotto ai piedi del Monte Bianco (4.810 m),  la vetta più elevata d’Europa. Le vigne, parimenti,  si trovano ad altezze fra 1.100-1.300 m e sono anch’esse le più alte del Continente: viticoltura eroica per eccellenza !

vigna 2

Ora due parole van dette sulle modalità di produzione di questa tipologia di vino (vin de glace/ice-wine/eiswein) che  lo differenzia, in modo sostanziale, dagli altri vini dolci, categoria generica al quale appartiene.

In breve sintesi, possiamo parlare di tre metodi principali di produzione per i vini dolci: 1) raccolta tardiva dell’uva, che viene lasciata appassire direttamente sulla vite; 2) raccolta dell’uva, poi lasciata ad appassire in appositi locali (o anche all’aria aperta) distesa su dei “graticci”; 3) in determinate aree vitivinicole (Bordeaux), le cui  condizioni pedoclimatiche lo consentono, si lascia attaccare l’uva dalla muffa, la  botrydis cinerea detta anche “muffa nobile”. Se questa “muffa nobile” si sviluppa eccessivamente, come si può facilmente intuire,  rappresenta la “morte” per l’intero raccolto invece, nella “giusta misura”, riesce a dare dei vini straordinari. Questa muffa, infatti, penetrando nella buccia dell’uva favorendo la perdita dell’acqua ne concentra gli zuccheri, esaltando in pari misura gli aromi e i sapori dei vini  (si pensi al famosissimo Chauteau d’Iquem).

uva 1

I primi due metodi sono quelli principalmente seguiti nel nostro Paese, il terzo in Francia come già detto, ma anche in Italia alcuni produttori ci stanno provando con alterne fortune.

Gli ice-wine/eiswein/vin de glace sono prodotti in Paesi nordici (Austria, Germania e Canada) dove le condizioni climatiche non permettono l’utilizzo dei  tre metodi sopra sinteticamente descritti e quindi se ne sono “inventati” un quarto,  sfruttando proprio quella condizione, il freddo, che sembrava tagliarli fuori dalla produzione dei vini dolci. L’uva, infatti, è raccolta in pieno inverno, in genere quando la temperatura è inferiore a -6/-8 gradi, solitamente di notte  e pigiata immediatamente, alle prime ore dell’alba, per evitare che si scongeli; infatti l’acqua presente nell’acino, congelata in cristalli di ghiaccio, non verrà estratta e la piccola quantità di mosto che si ricaverà è un puro concentrato di zuccheri e di acidi.

vendemmia 1

In tal modo viene prodotto il nostro Chaudelune.

Prima di berlo (annata 2006, gr. 15,5%), ci pensai un po’. Prendevo la bottiglia fra le mani quasi ogni giorno, ed era (è) talmente bella che (lo so, è un assurdo) mi sembrava brutto “consumarla”, ma in una serata fra amici, durante una tipica “ottobrata” romana, A.D. 2009, in comune meditazione, aprii finalmente lo Chaudelune.

Scendeva lentamente nel bicchiere, con estrema eleganza, il colore fra l’oro e il topazio rapì subito gli occhi dei presenti e i profumi intensi ma non prepotenti riempirono immediatamente la stanza:  profumi delicati di miele d’acacia e albicocca disidratata, di erbe aromatiche di montagna (timo, origano), appena un soffio di datteri e fichi, e di contorno un raffinatissimo sentore iodato; il gusto ci lasciò di stucco completamene: un velluto sul palato, il sapore ovviamente dolce  mitigato però da un’acidità e sapidità in  perfetto bilanciamento che invitava continuamente al riassaggio:  un autentico incanto.

Non “stancava”  mai le papille e il naso, come  spesso avviene con i vini dolci anche i migliori,  un vino dolce dalla beva facile (quasi) come un Soave, un Vermentino o un Frascati. Questa caratteristica, a mio avviso,  è la principale, è quella che lo differenzia da tutti gli altri vini dolci di qualità prodotti in Italia. La “scheda tecnica”  ci dice, inoltre, che lo Chaudelune sosta, per un anno, in carati di otto (!!!) diverse essenze di legno. E sinceramente, dirò una bestemmia,  non l’ho percepito ma  questo significa che il “metodo produttivo”, vin de glace, e il luogo, le pendici del Monte Bianco, stringi stringi, sono i veri “marchiatori” della differenza e della qualità di questo splendido vino.

Da allora ho avuto modo di assaggiare altre volte lo Chaudelune trovandolo sempre un grande vino dolce, diverso da tutti e, aspetto davvero interessante, diverso ogni anno per sapori e aroma dall’anno precedente.

La gradevolezza, l’eleganza e la delicatezza rimangono, in estrema sintesi, i dati perenni della sua “carta d’identità” e ne fanno una autentica perla enologica valdostana e italiana.

luna

Un vin de glace straordinario ?  No,  troppo semplice. C’è di mezzo la luna, l’acino più grande dell’universo, ed ora sappiamo  cosa fa la “silenziosa” luna: fa il vino, il suo vino,  the moonwine.

Alla salute, fratelli.


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