Giugno 24, 2018 0 Comments Fratelli di Vino

Bianchello del Metauro: guerra e …pace

“Inter Romanos et Carthaginienses ingens et asperrimum certamen erat atroxque caedes utrimque edebatur (…) Postremo Hasdrubal, cum haud dubie Romanis victoria esset, ne superstes suo exercitui esset, concitato equo, se in cohortem Romanam immisit et pugnans cecidit. Nunquam eo punico bello plus hostium uno proelio interfectum est aequataque denique visa est Cannensis clades”

(T. Livio)

O del grand’Apennino / figlio picciolo sì ma glorioso,  / e di nome più chiaro assai che d’onde, / fugace peregrino / a queste tue cortesi amiche sponde / per sicurezza vengo e per riposo. / L’alta Quercia che tu bagni e feconde / con dolcissimi umori, ond’ella spiega / i rami sì ch’i monti e i mari ingombra, / mi ricopra con l’ombra. /…

(T. Tasso)

Spesso mi è accaduto che l’incontro con un determinato vino sia stato casuale, magari “sfruttando”   l’occasione di un viaggio, a volte per “soddisfare” la curiosità di alcuni amici enofili sul mio parere in proposito.

Per quanto riguarda il Bianchello, vino per lo più sconosciuto fuori dalle Marche,   fu proprio un caro amico marchigiano che, alcuni anni fa, regalandomi una bottiglia me lo fece conoscere.

Io stesso ne avevo sentito parlare solo una volta da un  collega di lavoro che ne decantava le qualità e, sinceramente, non gli diedi rilievo data la sua poca dimestichezza con la degustazione.

Tant’è che, infatti,  una volta bevuto non ne ricavai una grande impressione, certamente non un gran vino, insomma un discreto vino bianco, tutto pasto, gradevole e nulla più. Però mi lasciò una profonda curiosità il luogo di provenienza: la Valle del  Metauro.

Il Metauro è un fiume, il più lungo  delle Marche (120 km) e il suo nome deriva (in latino Metaurus) dalla fusione dei nomi dei due torrenti che lo originano, ossia il Meta e l’Auro.

Se il vino è semi-sconosciuto la valle del Metauro, come tutte le valli e le colline marchigiane, è ammirata e visitata da migliaia di turisti ogni anno: dal Montefeltro ai Castelli di Jesi, dal promontorio del Conero alle colline di Matelica, di Recanati e di Osimo, alle colline di Ripatransone e di Offida, in poche parole un’intera regione è contrassegnata da splendidi paesaggi, in cui i colori della natura e l’opera dell’uomo hanno realizzato  autentici capolavori.

Attorniati da castelli e nobili dimore, tra questi capolavori ci sono i paesaggi vitati della Valle del Metauro,  fra i più dolci e romantici.

Eppure proprio in questi luoghi nel 207 a.C. si svolse una delle battaglie più cruente e decisive per le sorti del nascente Impero Romano, appunto la battaglia del Metauro.

Tito Livio, nel suo scritto Ad urbe condita ne racconta i fatti, come sopra riportato ad inizio di questo articolo. Traducendo a braccio: “Fra Romani e Cartaginesi ci fu una  grande e  violenta battaglia con una terribile carneficina di entrambe le parti (…) Alla fine Asdrubale (fratello di Annibale), vista l’inevitabile vittoria romana, non volendo sopravvivere ai suoi, lanciò il suo cavallo dentro la coorte romana e combattendo fu ucciso. Mai furono massacrati, in una sola battaglia, tanti nemici come in quella guerra Punica, alla fine sembrò eguagliata la disfatta di Canne.”

Descrizione terribile, efficace, lucida e cinica come solo la lingua latina sa dare; la ferocia degli uomini emerge in tutta la sua orribile dimensione, eppure quel fiume e quelle stesse colline  disseminate di cadaveri e cosparse di sangue umano apparivano ad un grande poeta italiano, Torquato Tasso, luogo sicuro dove trovare protezione e pace (“ a queste cortesi amiche sponde/ per sicurezza vengo e per riposo”), lui uomo in fuga, presso la corte del Duca Della Rovere, qui rappresentata da “l’alta Quercia”, stemma e simbolo dei signori di Urbino, spera che “lo ricopra con l’ombra”, ovvero lo protegga dai suoi persecutori.

Come fu, infatti, essendo stato ospite per lungo tempo presso la villa ducale di Fermignano, nelle cui vicinanze scorre il Metauro.

Lo stesso luogo, gli stessi paesaggi sono testimoni di guerra e di …pace: stranezze e ambiguità della storia e delle vicende umane !

Direte: ma tutto questo divagare a che pro’. Semplice, io non credo, come ben sapete, alla neutralità dei luoghi nei confronti dei suoi “prodotti” siano essi umani, storici, culturali o naturali.

Il Bianchello del Metauro è un vino prodotto da un vitigno detto biancame per il colore piuttosto scarico dei suoi acini;  la sua origine è incerta ma diversi studiosi sono propensi ad individuarla nel vecchio vitigno greco bianco. Spesso viene confuso con il trebbiano toscano a cui è simile nella morfologia: grappolo grande, acino di media grandezza, buccia sottile (infatti viene chiamato anche morbidella)  di colore giallo-verde.

Ebbene un altro grande storico e scrittore latino, Tacito, sostiene che la causa principale della sconfitta di Asdrubale e dei Cartaginesi fu che quest’ultimi, poco prima della battaglia, erano in un totale stato di ubriachezza e che ciò fu dovuto proprio al vino Bianchello, apprezzatissimo dai soldati, specie quelli di origine gallica.

Come vedete la “grande “storia è spesso contigua a quella del vino.

Nel 1969,  al fine della sua valorizzazione,  è stata riconosciuta la DOC al Bianchello,  ma è in quest’ultimo decennio,  grazie allo sviluppo di una maggiore coscienza enoica nazionale e regionale, che il Bianchello ha cominciato ad acquisire una certa notorietà e un apprezzamento via via maggiore fra gli esperti e gli appassionati.

L’unione, come si suol dire, fa la forza: associazioni eno-gastronomiche, istituzioni locali (finalmente !) ma soprattutto gli addetti ai lavori ovvero le aziende vitivinicole direttamente interessate hanno fatto sinergia attraverso una riqualificazione degli aspetti produttivi, sia in campo che in cantina, e la creazione di eventi enoculturali e quant’altro.

Mi sento di poter dire che le Marche non saranno più famose soltanto per uno dei più grandi vini bianchi italiani,  il Verdicchio o per la riscoperta di un antico vitigno, il Pecorino, ma vi sarà il “giusto” posto per un terzo vino, appunto il Bianchello, che credo acquisterà sempre più spazio, e non solo in ambito regionale.

Innanzitutto c’è da augurarsi che le aziende aumentino, oltre la qualità, se stesse, essendo il numero ancora oggi piuttosto esiguo e di conseguenza anche la “pubblicità” del vino medesimo.

La degustazione che segue è avvenuta negli ultimi quattro anni e prende in visione  i vini di quattro aziende.

 

Bianchello del Metauro Spicél 2016, gr.13%, Az. BRUSCIA, biologica. Giallo paglierino didascalico, emergono immediatamente note di frutta fresca come nespola e mela verde con note agrumate di contorno e fiori bianchi (biancospino). Buona gustativa che invita al sorso: decisamente fresco e sapido. Molto buono. Voto: 86.

 

 

Bianchello del Metauro Superiore Campodarchi Argento 2013, gr. 14%, Az. CANTINA TERRACRUDA, biologica. Un bellissimo giallo paglierino-dorato con un attacco floreale davvero intrigante dove la ginestra e il biancospino la fanno da padroni, una decisa mineralità contorniata da note erbacee. Alla gustativa esprime il meglio: decisamente di corpo la struttura, dove la freschezza si accompagna alla morbidezza e alla sapidità. Ottimo. Voto: 88

 

 

Bianchello del Metauro Superiore Borgo Torre 2016, gr. 13,5%, Az. CLAUDIO MORELLI, convenzionale. Giallo paglierino classico, emergono note di agrumi ed erbe aromatiche (origano, santoreggia) e fiori di campo. Assai gustosa la beva, di ottimo corpo, fresco e sapido al punto giusto. Ottimo. Voto: 87

 

 

Bianchello del Metauro Superiore Andy’ 15, gr.14%, Az. FIORINI, biologica. Decisamente bello a prima vista: un paglierino carico, perfetto, profumi intensi e fini di rosa gialla e narciso, pesca bianca e susina, in finale una elegante nota di zenzero. Godibilissima gustativa, praticamente (quasi) perfetto il bilanciamento fra morbidezza, da una parte, e la freschezza e la sapidità dall’altra. Veramente ottimo, al limite dell’eccellenza. Voto: 89

 

Come ben visto ottime performance che inducono ad un sano ottimismo per il futuro.

Desidero, in conclusione,  esprimere il mio cordoglio alla Delegazione  AIS delle Marche per la recente scomparsa di Sara Bracci, dolce e bella ragazza che con la sua passione e cultura tanto ha contribuito per la conoscenza e la valorizzazione del Bianchello: a lei, con umiltà, questo mio articolo è dedicato.

Anche lassù… alla salute, fratelli e sorelle.


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