Febbraio 4, 2017 0 Comments Fratelli di Vino

VALTELLINA, il vino in…..terrazzo

In Italia, probabilmente più che in qualsiasi altro paese d’Europa, esistono paesaggi vitati sui pendii di montagna che destano meraviglia  per la loro ineguagliabile bellezza  e stupore perché ritenuti improbabili realtà, frutto di menti folli se non fossero lì davanti ai nostri occhi a dimostrazione di come la “follia” non sia altro termine con cui denominare, sbagliando,  il coraggio dell’uomo e la sua determinazione a superare ogni ostacolo che la natura frappone al raggiungimento dei suoi obiettivi.

I terrazzamenti sono presenti in molte regioni e zone collinari e montuose d’Italia, gli esempi più notevoli e famosi sono le  Cinque Terre (Liguria), la Valle d’Aosta, la zona Etnea e, last but not the least, la Valtellina, la quale rappresenta con oltre 1.000 ha l’area viticola terrazzata più grande d’Italia e fra le maggiori d’Europa.

Ma cosa sono questi benedetti terrazzi  ?

Sono dei ripiani realizzati (spesso con terra riportata dalla pianura !) sui pendii della montagna, retti da un muro verticale di pietre a secco per non favorire il ristagno dell’acqua.

A volte il terrazzo  può essere limitato non da un muro a secco ma da una scarpata piuttosto ripida ricoperta da erba, ovviamente tale soluzione comporta una notevole diminuzione dei costi di produzione rappresentati dalla manutenzione dei muri, in tal caso si parla di ciglionamento più che di terrazzamento.

Quanto detto e qualche semplice foto del panorama viticolo valtellinese bastano a farci comprendere le enormi difficoltà, il durissimo lavoro, passato e presente, per poter produrre vino in questi luoghi e in queste condizioni, e le notevoli spese per le opere di muratura e  la continua manutenzione che queste comportano.

Date le difficoltà complessive dianzi spiegate è facilmente intuibile l’importanza della  “giusta “ scelta della tipologia di impianto della vite (forma di allevamento, orientamento, densità di impianto, clone e portainnesto ecc.), poiché sarebbe quasi impossibile  apportare in seguito delle modificazioni.

I muretti sono stati stimati di una lunghezza complessiva superiore ai 2.500 Km,  consentono  la coltivazione della vite e, nel contempo, proteggono  il  territorio montano dall’erosione e dalle frane, divenendo la componente fondamentale della bellezza paesaggistica del territorio.

I vigneti, specialmente quelli più vecchi, sono su terrazzi con muro a secco e hanno i filari orientati perpendicolarmente, ossia a  rittocchino, ciò permette  una maggiore e migliore esposizione dell’uva e, nelle zone più inaccessibili, un “controllo” del vigore vegetativo (tipico del vitigno nebbiolo), al fine di incrementare la qualità dell’uva a scapito della quantità.

Nei vigneti più giovani, dove spesso è stato scelto il ciglionamento (vedi sopra) al posto del terrazzamento per fini prettamente economici (minore manutenzione, parziale meccanizzazione), i filari sono disposti parallelamente, ossia a girapoggio. In questo caso il vigore vegetativo della vite  è contrastato dall’inerbimento delle scarpate.

La Valtellina segue il percorso del fiume Adda, da est a ovest, protetta a nord dalle Alpi Retiche e a sud dalle Alpi Orobie con il vicino lago di Como come  “mitigatore”  termico. La parte vitata, di circa 1.000 ha, è alla destra del fiume Adda e segue  l’andamento est-ovest  in modo da godere di una esposizione completamente a sud.

Le vigne si collocano a quote  che partono da 300 metri sino ad un massimo di 700 metri. Tale posizionamento garantisce una ventilazione ottimale, umidità contenuta e una considerevole escursione termica, sia stagionale che giornaliera.

Il terreno è sostanzialmente sabbioso e limoso, formato dallo sfaldamento di rocce granitiche, permeabile e con scarsa ritenzione idrica, ottimo per una viticoltura di qualità.

Le origini della viticoltura in Valtellina si perdono nella notte dei tempi, è molto probabile che i Liguri e gli Etruschi, fra i primi abitatori di questa valle, siano stati gli “iniziatori”  della coltura della vite, ma senza ombra di dubbio alcuno furono i Romani prima e gli ordini monacensi poi a razionalizzare e, in un certo qual senso, a “codificare”  la stessa coltura. Lo sviluppo ulteriore e la fama dei vini valtellinesi sono, peraltro, merito dei governanti svizzeri, dato che quasi per tre secoli (dal 1500 al 1800) la Valtellina fece parte del Cantone dei Grigioni.

Il Nord d’Italia, e soprattutto Milano, è oggi il  principale mercato di sbocco dei vini valtellinesi, nel passato invece, sotto la “dominazione” svizzera, le esportazioni di vino interessavano i Paesi e le corti del centro e del nord d’Europa.

La chiavennasca è il nome del vitigno utilizzato ed autorizzato (minimo 90%) dai disciplinari per produrre le tipologie di vino Valtellina SuperioreSforzato di Valtellina, entrambi docg, di cui tratteremo. E’ facile immaginare che il nome derivi dalla Val Chiavenna, ma in verità questo vitigno non è altro che un clone del nobile nebbiolo, universalmente conosciuto come l’uva del Barolo e del Barbaresco.

Il Valtellina Superiore, inoltre, è contraddistinto dalle seguenti cinque sottozone che, seguendo il corso dell’Adda, sono: Maroggia, Sassella, Valgella, Inferno e Grumello.

Tratteremo ognuna di queste zone e, quindi, parleremo di cinque vini, ognuno per ogni sottozona, di  cinque aziende diverse.

Valtellina Superiore Grumello Rocca de’ Piro Riserva 2011, gr. 13,5%, azienda AR.PE.PE. (lotta integrata). Granato luminoso e trasparente. Sentori di rosa e spezie dolci. Sapido e tannico al punto giusto. Intenso e  persistente. 24 mesi in botte e 12 in bottiglia. Ottimo. Voto: 89

 

Valtellina Superiore Maroggia 2013, gr. 13%, azienda ASSOVIUNO (lotta integrata). Unico fra i cinque vini degustati con un piccola percentuale, circa l’8%, di teroldego e rossola, oltre al nebbiolo, ed una percentuale di alcol inferiore di mezzo punto rispetto agli altri. Piccole differenze che però non sembrano inficiare la qualità del prodotto che, possiamo dirlo sin da subito, è ottimo. Granato luminoso, rosa appassita e geranio, giustamente tannico e minerale. Di corpo, intenso e persistente. Voto: 88

 

Valtellina Superiore Valgella Ca’ Morei 2013, gr. 13,5%, azienda FAY (lotta integrata). Potremmo definire questo vino, con azzardo, con un solo termine: elegantissimo, come nota di fondo in tutti e tre gli aspetti della degustazione: visivo, olfattivo e gustativo. Gran vino. Luminoso rubino-granato, profumi agrumati (pompelmo rosa e arancia), spezie dolci, tannini setosi. Di corpo, intenso e molto persistente. Eccellente: 92

 

Valtellina Superiore Inferno Carlo Negri 2013, gr. 13,5%, azienda  NINO NEGRI (convenzionale). Granato classico. Profumi di rosa canina e melograno in evidenza, più balsamico che speziato. Tannini eleganti, di buon corpo, intenso e persistente. Ottimo: 87

 

Valtellina Superiore Sassella Riserva 2011, gr. 13,5%, azienda TRIACCA (convenzionale). Granato. Fragola e frutti di bosco, delicato sentore di violetta, balsamico. Ottima struttura, con eleganti tannini in evidenza. 36 mesi di maturazione fra botti e bottiglia. Ottimo: 89

 

Lo Sforzato di Valtellina è un vino ottenuto, in modo esclusivo, da uve appassite provenienti da vigneti la cui composizione ampelografica, come per il Valtellina Superiore, è il nebbiolo (chiamato in loco chiavennasca).

Anche i luoghi sono sempre gli stessi, ovvero vigneti collocati in terreni declivi ben esposti al sole. La pigiatura delle uve non può essere effettuata prima del 10 dicembre dell’anno di raccolta, e in realtà quasi mai viene realizzata prima di gennaio/febbraio dell’anno successivo.

Come è facile supporre lo Sforzato rispetto al Valtellina Superiore, pur essendo prodotto negli stessi luoghi e con la stessa uva, è proprio un altro vino, ovviamente più potente, strutturato ed opulento. Un vino per pranzi  e piatti importanti, con cacciagione e carne rossa in primo piano. Il Valtellina Superiore è un vino che può essere a tutto pasto, certamente non da pesce (anche se con una costata di tonno mi piacerebbe provarlo !), che  nelle migliori espressioni ed annate è spesso dotato di  notevole eleganza nei profumi.

Lo Sforzato, inoltre,  può essere immesso sul mercato dopo un periodo di affinamento di 20 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno,  con gradazione alcolica minima non  inferiore a 14%.

 

Anche per questa tipologia  prenderemo in esame 5 vini relativi a 5 aziende diverse.

Sfurzat di Valtellina Fruttaio Ca’ Rizzieri 2011, gr. 15,5%, azienda ALDO RAINOLDI (lotta integrata). Granato classico, trasparente. Viola, rosa e frutti di bosco in apertura poi emergono spezie dolci ed erbe aromatiche di montagna (timo). Struttura potente ma in equilibrio fra i vari elementi. Intenso, persistente ed, insieme, elegante. Eccellente. Voto: 93

 

Sforzato di Valtellina San Bello 2012, gr. 15%, azienda ASSOVIUNO (lotta integrata). Rubino con riflessi granato. Frutti di bosco e violetta in bella evidenza, sottofondo speziato dolce (cannella). Tannini setosi. Grande struttura complessiva. Finale lunghissimo. Affinamento di 30 mesi in botte di rovere e 6 mesi in bottiglia. Eccellente. Voto: 92

 

 

Sforzato di Valtellina Corte di Cama 2014, gr. 15,5%, azienda MAMETE PREVOSTINI (convenzionale). Rubino tendente al granato, in apertura frutti di bosco (mora, mirtillo) e lievi note floreali (rosa essiccata), emergono poi dolci sensazioni di cioccolato su sottofondo balsamico. Fra l’ottimo e l’eccellente. Voto: 90

 

Sforzato di Valtellina Carlo Negri 2013, gr. 15,5%, azienda NINO NEGRI (convenzionale). Granato puro, iniziali note di rosa canina e viola e di frutta selvatica (mora, lampone). Speziato e balsamico. Eleganti note di china. Grande struttura determinata dalla potenza dell’alcol e dallo spessore dei tannini. Intenso e persistente. Eccellente. Voto: 91

 

Sforzato di Valtellina San Domenico 2012, gr. 15%, azienda TRIACCA (convenzionale). Stupendo granato luminoso. Ad un’iniziale rosa canina e mora di rovo si susseguono note speziate dolci e balsamiche. Struttura di livello, tannini setosi. Intenso e persistente. Eccellente. Voto: 92.

 

Gran parte dei vini sono stati degustati in tempi diversi, spero che ciò non infici più di tanto le valutazioni date ed anche se ciò è possibile mi auguro che lo sia in modo assai contenuto.

Tuttavia non posso che sottolineare l’enorme piacere provato in queste degustazioni e  la meraviglia nel rilevare l’elevato valore complessivo dei vini, a conferma della grandezza indiscutibile del vitigno nebbiolo e dei vini che ne derivano ma, soprattutto in questo caso, di come l’apporto della fatica dell’uomo, della sua intelligenza condita da una buona dose di coraggio, e perché no, di sana follia abbiano contribuito, più della stessa natura, alla  “creazione” di  vini stupendi che arricchiscono, se ve ne era bisogno, il patrimonio culturale e sociale di un luogo unico: la Valtellina.

Alla salute, fratelli.

 

 

 

 

 


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