Marzo 6, 2018 0 Comments Fratelli di Vino

Scherzetto o…Dolcetto, ovviamente !

L’astemio: un debole che cede alla tentazione di negarsi un piacere”

(A.Bierce)

 

E’ accaduto anche a me di essere sorpreso la prima volta che ho bevuto il Dolcetto nel trovarlo tutt’altro che dolce, come lascerebbe intendere il suo nome.

Vino dal sapore decisamente secco, abbastanza tannico e mediamente fresco, profumi fragranti di frutta e fiori, lievemente speziato e a volte tostato secondo l’invecchiamento e le “particolari” annate.

Un vino che contende al Barbera e al Grignolino la fama di vino del popolo, di vino da ”tutti i giorni” in Piemonte.

Il dolcetto è un vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte, peraltro diffuso e apprezzato nella confinante Liguria, conosciuto con il nome di ormeasco, e nell’Oltrepò Pavese.

La sua terra di elezione comprende  zone vitivinicole di eccellenza, ossia le Langhe e il Monferrato, soprattutto i territori limitrofi la Liguria e l’Oltrepò Pavese, dove la catena degli Appennini sembra digradare verso la grande Pianura Padana.

Si potrebbe tracciare una linea di confine a Nord che parte da  Alessandria passa per Asti prosegue per Alba e finisce a Cuneo, con all’interno zone di elezione come Acqui Terme, Ovada e Dogliani e a Sud una linea tracciata dal confine con la Liguria; insomma una “terra di mezzo” fra  due culture, quella appenninica e quella padana, che hanno fatto (e fanno) la storia d’Italia. Infatti, non è un caso che questa micro-regione sia entrata a far parte dei territori dichiarati dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità” per la sue bellezze naturali, storiche e culturali.

La prima volta che si parla di uva dolcetto è intorno al 1600, in un documento del Comune di Dogliani, guarda caso un territorio che con la sua DOCG  rappresenta  il luogo di eccellenza per la produzione di questo vino. Da un punto di vista prettamente scientifico, nell’anno 1798,  parla del dolcetto  e delle sue caratteristiche  ampelografiche il Conte Nuvolone Pergamo della Società Agraria di Torino, mentre il primo riconoscimento “giuridico” per le sue specifiche qualità è del 1972 con la DOC Ovada.

Da allora il Dolcetto ha ottenuto ben 7 riconoscimenti come DOC nel Piemonte, attualmente conta 3 DOCG (Dogliani, Diano D’Alba, Ovada Superiore) e  5 DOC (Alba, Asti, Acqui, Ovada e Pinerolese), e una DOC in Liguria, l’Ormeasco di Pornassio.

Ma ritorniamo all’inizio di questo articolo, a cosa si deve il nome dolcetto ?

Molto probabilmente il nome deriva dal termine dialettale piemontese dossett, ovvero dolce, poiché gli acini sono dolci pur se il vino è assolutamente secco.

Acidità bassa, tannicità media se paragonata al cugino nobile , il nebbiolo, ma soprattutto la sua precocità hanno determinato la “fortuna” del dolcetto. Infatti gli stessi produttori del Barolo o del Barbaresco prediligono il dolcetto perché la sua facilità di maturazione permette di coltivarlo nelle zone meno esposte al sole o nella parte bassa delle colline, lasciando le parti meglio esposte, i cosiddetti “bricchi” o “sorì”, alla coltivazione del nebbiolo che richiede mediamente un mese in più per maturare e quindi necessita di una maggiore insolazione.

Fra l’altro  questa  caratteristica della precocità  spiega il perché non si sia diffusa la sua coltivazione a Sud della Liguria: sarebbe troppo caldo.

Naturalmente questa “peculiarità” rappresenta una fortuna  per il Piemonte , poiché la (quasi) esclusività di un prodotto, specie se di qualità, è basilare per il successo commerciale dello stesso, anche se il Dolcetto è consumato  in buona parte in loco,  tradizionalmente  accompagnato da ravioli,  tortellini  e carni bianche.

 

Il dolcetto dimostra una certa sensibilità nei confronti delle malattie fungine e la sua bassa acidità non permette lunghe fermentazioni, ma la buona presenza dei tannini consente, anche con brevi macerazioni delle uve, di ottenere vini complessivamente di buona struttura, “di corpo” come si suol dire. Fra l’altro, in ulteriore aiuto,  giunge la maggiore percentuale di alcol dovuta all’aumento medio delle temperature verificatosi in quest’ultimo decennio.

Personalmente trovo  delizioso il Dolcetto che –  grazie all’acquisizione di una ottima struttura  tale da poter inseguire e a volte superare il Barbera sulla strada di una sempre maggiore qualità organolettica -, mostra una estrema “duttilità” nell’accompagnare cibi di varia composizione, dimensione  e provenienza, e last but non least un prezzo al consumo certamente invitante, specie se raffrontato ad una qualità mediamente alta.

 

Qui di seguito riporto le mie valutazioni su 8 Dolcetti degustati in un certo lasso di tempo, circa tre anni.

 

Dogliani Superiore Maioli 2015, docg, alc. 14,5% – Az.  A.M. ABBONA

Rubino fitto, scuro, bellissimo. All’olfattiva esprime il meglio con profumi netti di frutta surmatura e confettura di frutti di bosco (more e mirtilli su tutto). Lievemente speziato, in bocca mostra una struttura da campione dove la giusta tannicità incontra un’adeguata morbidezza. Eccellente. Voto: 92

 

Dogliani Papà Celso 2016, docg, alc. 14,5% – Az. MARZIANO ABBONA

Rosso rubino con venature porpora. Dolce e caratteristica presenza di frutti di bosco con un elegante  pepe nero. Indomita presenza di tannini ancora non accompagnata da pari morbidezza. Vino dal futuro  interessante. Ottimo. Voto: 89

 

Dogliani Superiore Vigna dei Prey 2015, docg, alc. 14% – Az. F. BOSCHIS

Anche questo vino si presenta come il precedente  molto “tipico”. Rosso rubino, assai fitto. Profumi intensi di frutti di bosco (gelso, lampone), fiori rossi di campagna. Alla gustativa è quasi esemplare il rapporto fra parti morbide e dure, lievemente superiore la parte tannica. Ottimo. Voto: 88

 

Dolcetto d’Alba Barturot 2014, doc, alc. 14,5% – Az. CA’ VIOLA

In questo vino si vede la mano del “maestro” Giuseppe Caviola, in breve: è il migliore della sua denominazione. Rubino pieno, olfattiva strepitosa dove trovano posto tutta la gamma dei tipici profumi del dolcetto: frutti di bosco, rossa appassita, un refolo speziato di cannella e pepe con finale minerale. Tutti estremamente definiti. Perfetto equilibrio gustativo. Un grande vino. Voto: 92

 

Dogliani Briccolero 2015, docg, alc. 14% – Az. CHIONETTI

Che dire ? Affrontare i dolcetti di Chionetti, anzi di Quinto Chionetti  “il patriarca del Dolcetto”,  scomparso circa un anno e mezzo fa, è un momento in cui la degustazione si trasforma in emozione. E’ il “Dogliani” per eccellenza e non poteva che essere così, visto il rapporto viscerale che legava quest’uomo, ahimè mai conosciuto, a questo vino. Ma torniamo alla degustazione. Rosso rubino con bordatura porpora, subito i profumi di frutti di bosco e di fiori appassiti nonché di spezie riempiono e deliziano il nostro naso. Alla gustativa mostra una grande struttura ma con un equilibrio invidiabile fra tannini e acidi da una parte e alcoli dall’altra. Grande persistenza e grande classe. Voto: 93

 

Dogliani D’Alba Bricco Caramelli 2015, doc, alc. 14,5%, – Az. FRATELLI MOSSIO

Rosso rubino fitto e scuro. Olfattiva classica per il vitigno: frutta rossa in confettura (ciliegia, mora), fiori rossi appassiti, note speziate in evidenza (pepe nero), lieve mineralità. Ottima gustativa e buon equilibrio. Voto: 88

 

Dogliani Superiore Bricco Botti 2015, docg, alc. 14,5% – Az. PECCHENINO

Altra grande azienda produttrice di Dolcetto. Rubino concentrato. Profumi classici di frutti di bosco (mirtillo, gelso), rosa appassita, humus e sottobosco. Ottimo alla gustativa dove emerge un tannino scalpitante e una sapidità che invita alla beva.  Voto: 87

 

Dogliani 2016, docg, alc. 14% – Az. PODERI LUIGI EINAUDI

Azienda storica in tutti i sensi, solo il nome incute la giusta riverenza:  uno dei più grandi intellettuali del ‘900 nonché presidente della Repubblica Italiana. Non da meno  questa  azienda vitivinicola è produttrice di Barolo e Dolcetto di grande livello. Il Dolcetto in esame si presenta con un classico rubino dall’”unghia” porpora e profumi inequivocabili di frutta rossa matura (ribes, mirtillo, mora), fiori secchi e un vago sentore fungino. Ottimo al gusto, in buon equilibrio fra le parti e lunga persistenza. Voto: 88

 

In conclusione e in brevissima sintesi possiamo dire che la qualità media dei Dolcetto presi in esame è molto alta, gli aspetti organolettici sono simili e quasi mai si discostano dalle caratteristiche principali, insomma un vino molto tipico e riconoscibile. La differenza fra un Dolcetto e un altro la fanno l’intensità dei profumi e la persistenza dei sapori più che la varietà degli stessi. Questa è la sua fortuna per ora, vedremo in futuro se vi sarà evoluzione o se questa peculiarità rimarrà tale. Comunque sia,  è un bel bere.

Alla salute, fratelli.


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